| CRITICAL 
                WORKS on ANGELO LIBERATI
 
 Presentation 
            by  Paolo Merci (18-10-1978)
 
 (vedi versione italiana)
 
 
 
 Even at a first and summary observation, 
                Liberati's work appears to participate in that wide category 
                of modern painting which refuses to take into account the visual 
                continuity of reality and, on the contrary, prefers to represent 
                (or reconstruct, or allude to) the mobile intersecting of images 
                which are unceasingly depositing and superimposed in our memory 
                and conscience.Almost necessarily, the selection itself, 
                the reproduction and juxtaposition of images evolve into a series 
                of more and more complicated metalinguistic observations: a 
                fine web of reflections upon image production, image tradition, 
                perception, decoding.
 On one hand, the reality alluded to 
                is primarily one of images already pregnant with semantic meaning: 
                from art history (van Eyck, De Chirico, Rembrandt-a constant, 
                Ingres, Vespignani) to the media (advertising, cinema, pop music, 
                Dylan-another constant) to everyday poor imagery (postcards, 
                animal prints, envelops).
 In a constant and vital opposition 
                to this pluriform reproduction of the already reproduced-and 
                often in a subtle and almost indecipherable osmosis with it 
                Liberati gives space and relief to a number of small images 
                from his immediate surroundings (pencils, brushes, record covers, 
                books, earphones,etc.) or to objects of his fantasies or experiences 
                deposited in a long-term memory (hands, partial female nudes, 
                and so on).
 With these elements Liberati weaves an intricate 
                and precious fabric, in which it is difficult to distinguish 
                the weft from the warp. The ambiguity of the superimpositions 
                turns even the most crepuscular or the most marginal choices 
                into a refined intellectual interplay, like a novel made up 
                of quotations or a book composed of pieces of books already 
                written.
 There is no distinct separation between the artist's 
                cultural heritage and his mediation of it, as there is none 
                between time and space, between exterior reality and the workings 
                of his mind: miniature reproductions of Rembrandt, for example, 
                are tightly interwoven with remakes of modern paintings inspired 
                by Rembrandt (Vespignani) and with Liberati's own revisitation 
                of Vespignani.
 The combination of techniques, especially 
                the constant opposition between painting or drawing and transfers 
                (chemical solvents or collages) underlines the continuous dialectical 
                exchange between passive reception and active production of 
                images which is the sine qua non of the urban artist today.
 But the barrier, if indeed there is one, between the two 
                contemporary attitudes is always rather foggy. Both reproductions 
                and ruminations may be painstakingly hand-painted, briefly alluded 
                to in a partial pencil sketch, filtered through other media 
                or they may be only dimly perceived through a wrinkled tissue. 
                Seen through the transparency and porosity of the tissue-paper, 
                images become vague shadows, displaced apparitions.
 The 
                syntactic choices are not only formally justified: if, at times, 
                the transfer may be a single,almost perfect, though backward 
                reproduction, at others it is multiple, recalling production 
                line serialization; again, it may be confused and superimposed 
                like a rush of uncontrolled, almost unconscious, thoughts.
 But, 
                in the end, each image looses its individuality a continuous 
                process of renouncing its meaning and regaining a new one.
 (see english 
            version)
 � versione italiana 
            � 
  Il discorso di Liberati 
            si propone ostentatamente, gi� ad una prima lettura, come 
            un intreccio di osservazioni essenzialmente metalinguistiche. Il referente immediato, la realt� a cui rimanda il suo mondo 
            di segni � infatti, per gran parte, quella (linguistica) 
            di immagini gi� caricate di precisi valori semantici: dalla 
            storia dell'arte (van Eyck, De Chirico, Rembrandt - una costante 
            -, Ingres, Vespignani, su cui varr� tornare), ai media (pubblicit�, 
            cinema, pop music, Dylan - un'altra costante-), e poi cartoline, 
            stampe d'animali, ecc.
 Una prima opposizione, una prima elementare 
            dialettica si instaura subito tra questa realt� al quadrato, 
            tra la pluriforme riproduzione del gi� rappresentato e la 
            entrata quasi costante, talora prepotente dell'esperienza immediata: 
            degli oggetti e delle presenze quotidiane o comunque dirette. Pendant 
            a livello ideologico della contrapposizione tecnica, linguistica, 
            tra i riporti (diluente alla nitro) e disegno-pittura. 
            Quasi un'affermazione dell'alterit� del vissuto a fronte 
            del livellante appiattimento della civilt� dell'immagine. 
            Ma � conclusione affrettata, seppur non falsa. Il discorso 
            si complica infatti di distinzioni e di intrecci pi� sottili: 
            la rappresentazione riferita si serve del riporto ma anche della 
            pittura, del rifacimento puntiglioso di Rembrandt, della minuta 
            riproduzione a pennello di Vespignani, e cos� via.
 II 
            vissuto d'altro canto, il quotidiano, si propone non raramente attraverso 
            il filtro di esperienze visuali precise, di citazioni o impegni 
            di lettura. E l'interesse per (il discorso su) l'altrui segno non 
            si separano mai di netto da pi� ambigue, torbide riflessioni 
            sulle proprie radici, trame di raffinate ruminazioni culturali. 
            Basterebbe il Rembrandt ossessivamente evocato da Vespignani. O 
            ancora il Vespignani diretto, di citazione precisa, che si alterna 
            e si fonde con quello indiretto, mediatore di finestre e muri, di 
            angoli di un romanticismo da boh�me, visitati con un'autoironia che non spegne 
            passioni e commozioni della memoria. Abolizione dei confini tra 
            il vissuto immediato ed esterno e quello della coscienza e della 
            mente: che vuol dire degli spazi e tempi dell'accaduto, compressi 
            e raccontati in un presente occasionale, colloquiale, ma denso di 
            depositi di storia privata e di esperienze comuni.
 I riporti 
            sono talora nitidi e asciutti, autonome emergenze, qualche volta 
            grammaticalmente reduplicate, seriali.La presenza soggettiva, che 
            � distacco, coscienza critica, � affidata a pochi 
            tratti di muro, ad oggetti "umili". Talora invece essi 
            si affollano e si sovrappongono, confuso, quasi indistinto sfondo 
            al recupero di idee e riflessioni dominanti. Talora infine ritornano 
            (identici e pur sempre variati) in momenti differenti di discorso, 
            in opere che si dispongono in serie: tentativo da un lato di critica 
            decomposizione dei meccanismi evocativi, verifiche dall'altro di 
            ritmi mentali, di passaggi costanti. La pittura vi si giustappone 
            a volte senza turbarne 
            l'impatto e le capacit� di richiamo: costruisce scansioni, 
            in una sintassi spaziale che suggerisce accostamenti alla lirica: 
            le immagini vi interferiscono senza sovrapporsi, secondo metriche 
            cantabili, in ricorrenti disposizioni trapezoidali.
 Altrove 
            l'intervento si carica di pi� feroci istanze dialettiche: 
            i riporti sono coperti quasi del tutto, pittura stessa si sovrappone 
            a pittura, riporti nuovi ad elementi disegnati. Le immagini si frammentano 
            e si fondono, perdono individualit�; i valori metaforici 
            prevalgono, in un accumularsi di subordinazioni, sulle trasparenti, 
            rarefatte metonimie di altri momenti.
 Un altro intervento tipico 
            della pittura di Liberati � la velina: l'applicazione ai 
            riporti li grinza e li vira, talvolta vi diffonde ombre rossastre, 
            verdi muffe, talaltra li sfuma di vapori nebbiosi. E' un elemento 
            in pi� di distacco, di filtro, non bastasse il capovolgimento 
            di immagine che � organico al riporto. Ma � anche 
            un elemento di scansione temporale: la velina ricopre e modifica 
            non solo i riporti, ma spesso anche una parte dei successivi interventi 
            pittorici: separa momenti di intervento, fasi di azione e ripensamenti. 
            Un elemento di distinzione di qualit� assai diversa dagli 
            altri in uso: se infatti l'ombra o l'adesivo, lo strappo o la piega 
            dipinti che illusionisticamente incorniciano e separano un piccolo 
            Rembrandt ridipinto dal resto del quadro, sono elementi decisamente 
            razionali, investiti di compiti comunicativi esatti, lo sfasamento 
            proposto dalla velina, oltrech� produrre effetti ottici opposti 
            (d'amalgama piuttosto che di estrazione) si carica di valori connotativi, 
            di inespresse ambiguit�.
 La velina � d'altronde, 
            per usare una metafora linguistica, un elemento "fonologico" 
            della pittura di Liberati, un tratto costitutivo del suo sistema 
            cromatico, il modo di materializzare, sfruttandone trasparenze e 
            porosit�, i colori sfatti e muffiti delle pareti di cesso, 
            degli umidi orli di vicolo, di quella quotidianit� minore, 
            solo apparentemente crepuscolare, che resta uno dei temi costanti 
            del suo racconto. Cos� esse si dilatano a volte fino a diventare 
            discorso a se stante, in una prudente (mai fino in fondo perseguita) 
            esplorazione informale.
 Ma anche qui ineliminate presenze fisiche, 
            la matita, un pacchetto di sigarette vuoto, richiamano programmatiche 
            rinunce alla poesia. La meditazione stessa sui linguaggi figurativi, 
            il processo della memoria, operano secondo leggi forse arbitrarie 
            o che non sono immediatamente riconoscibili, ma non di meno ineluttabili. 
            Perch� Dylan, a differenza ad esempio dei Rolling Stones, 
            non � quasi mai riportato, ma dipinto? Perch� i nudi, 
            o in generale il corpo, anche quando non si frantuma in un occhio 
            isolato o s'affida metonimicamente alle sole labbra, � sempre 
            dipinto? In generale, in questo gioco di parziale desemantizzazione 
            (e risemantizzazione in un contesto diverso) di segni gi� 
            caricati, in questo processo di "fissione semantica", 
            ci sono dei privilegiati.
 Esiste, mi pare, un preciso livello 
            idiomatico di creazione simbolica. Si prenda Dylan: si presenti 
            con il suo ritratto, o il testo trascritto d'una canzone, una copertina 
            di disco o il nome solo, ha via via poteri evocativi diversi, che 
            forse variano da quadro a quadro, da contesto a contesto, ma che 
            sono tutto sommato stabili: e che vanno al di l� sia del 
            fenomeno Dylan, sia della stessa musica pop.
 A questo livello 
            di lettura, la pittura di Liberati ci parla della cultura di chi 
            ha oggi trent'anni, del '68 e di Marcuse, di Reich e delle universit� 
            occupate, di Kerouac e dell'angoscia di sogni infranti, del rapido 
            riaprire gli occhi, dei tormentati rapporti con la sinistra istituzionale, 
            dell'ebbrezza semiologica, della nostalgia di campagna e di terra, 
            di rabbiosi moralismi, di voglie covate e represse, ma non rifiutate, 
            di ricerca appassionata e disillusa a un tempo.
 
 
 
 Generazione anni Quaranta
 6� volume della "Storia 
            dell'arte italiana del '900" di Giorgio Di Genova
 EDIZIONI BORA s.n.c. 2007
 
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            in jpg:  pag209 - pag210 - pag211
 
 
 Catalogo 
            delle Collezioni Permanenti
 Volume 7 Generazione anni Quaranta
 EDIZIONI BORA s.n.c. 2006
 
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            in jpg:  pag176
 
 
 
 
 Lo Stato 
            dell'arte in Sardegna.
 Testo 
            integrale dell'intervento pubblicato sull'Unione Sarda il 18/07/2002. 
 Il secondo incontro per la riproposizione 
            del libro di Anna Maria Janin MEMORIA COME NECESSITA�, Ediz. Arte 
            Duchamp 1992,tenutosi nella sala della Libreria Delle Donne a Cagliari 
            , ha visto una discreta partecipazione di pubblico e la quasi totale 
            assenza degli artisti. Tra gli interventi, pieni di buone osservazioni 
            e di spesso condivisibili considerazioni sullo stato dell�arte in 
            Sardegna, mi preme soffermarmi su un passaggio dell�intervento della 
            Professoressa Frongia la quale, in risposta ad alcune considerazioni 
            sugli artisti, la loro libert� ecc., ha ritenuto opportuno 
            ribadire la necessit� di riconsiderare con meno supponenza 
            la funzione che il mercato privato , insieme al finanziamento pubblico, 
            ha avuto nel consentire agli artisti di svolgere il proprio lavoro 
            (anche se � auspicabile un controllo maggiore sulla collaborazione 
            tra pubblico e privato). Ho trovato utile la sottolineatura della 
            professoressa Frongia per il contesto in cui � avvenuta e 
            per l�invito ad una maggiore cautela nel valutare un troppo esaltato, 
            a parer mio , atteggiamento di rifiuto espresso da molti 
            artisti nei confronti della commercializzazione delle loro opere 
            , atteggiamento inevitabilmente smentito dalla realt�, fatta 
            molto spesso di compromessi necessari, patteggiamenti non sempre 
            limpidi e cacce sfrenate ai compratori sia privati che pubblici. 
            Una realt� oggi resa drammatica da una crisi ormai decennale 
            che aggrava un mercato dell�arte quasi inesistente a livello regionale; 
            una crisi che per anni, con irresponsabile snobismo, si � 
            cercato di superare fingendo di poter fare a meno del mercato, ricorrendo, 
            con percorsi non sempre lineari, al denaro pubblico, con il risultato 
            spesso ambiguo che � sotto gli occhi di chi vuol vedere: 
            pi� volte si � cercato di rendere possibili manifestazioni 
            artistiche meritorie che, non trovando risorse nel terreno di propria 
            competenza (il mercato privato), venivano caricate di significati 
            spesso estranei ma necessari per accedere al finanziamento pubblico.
 GLI SPAZI PUBBLICI
 
 Gli incontri che Anna Maria Janin ha 
            promosso in questo periodo pre-estivo hanno avuto il merito di agitare 
            un mondo dell�arte che almeno apparentemente sonnecchia ; in apparenza 
            appunto, perch� poi qualche cosa succede, gli spazi che a 
            Cagliari ormai ci sono , vengono inaugurati e le mostre quasi sempre 
            recensite (qualche volta ignorate, salvo poi rimediare, come � 
            avvenuto in seguito a un veemente intervento sull�Unione Sarda dell�assessore 
            Pellegrini). Sempre la professoressa Frongia, in un suo intervento 
            che L�Unione Sarda del 5 giugno titolava "L�insularit� 
            non sia un alibi", rivolgeva una preghiera al Magnifico Rettore 
            a proposito della Cittadella dei Musei. A questo punto mi sembra 
            utile citare un mio intervento sempre sull�Unione , ma de1 2 settembre 
            1992 , dato che nei dibattiti sullo stato dell�arte in Sardegna 
            si fa notare giustamente che i problemi costantemente segnalati 
            sono pi� o meno gli stessi da decenni; scrivevo allora (e 
            non so se il Magnifico Rettore era lo stesso): "�Non sar� 
            male, per�, nonostante l�indifferenza dei burocrati, rimarcare 
            alcune priorit� riguardo agli spazi pubblici attivati e da 
            attivare: riforma dello statuto della Galleria Comunale d�Arte per 
            consentire maggiore autonomia e agilit� alla struttura stessa; 
            funzionamento della Cittadella dei Musei per restituire una parte 
            degli splendidi spazi all�attivit� degli artisti viventi, 
            superando la volont� di chi (non si sa bene chi) vorrebbe 
            lo spazio destinato agli artisti defunti�"
 
 A distanza 
            di dieci anni le cose negli spazi pubblici sono cambiate, sono migliorate? 
            Sarebbe ingeneroso non riconoscere che, a volte, con la forza di 
            volont� di alcuni operatori culturali, sostenuti da momentanee 
            disponibilit� di responsabili di spazi pubblici (come la 
            Galleria Comunale e L�Ex Mattatoio a Cagliari ), qualche buona iniziativa 
            � andata a buon fine. Auguriamoci per�, per le prossime 
            inaugurazioni, qualche Principe in meno e qualche approfondimento 
            in pi�. E non mi si risponda che il Principe richiama il 
            pubblico delle grandi occasioni, perch� se � quel 
            pubblico che ci interessa, allora tanto vale organizzare un grande 
            evento con al centro un concorso a premi per il pi� bel ritratto 
            ad olio di Padre Pio.
 
 La Sardegna non � soltanto 
            Cagliari ed in effetti buone nuove da qualche anno arrivano da Nuoro 
            con il MAN, che per qualit� e continuit� si pone all�avanguardia 
            nell�isola. A Sassari il Masedu, dopo gli anni della presidenza 
            alla Provincia dell�On. Soddu, sembra aver smarrito le buone intenzioni 
            della passata attivit�.
 
 Negli interventi di questi 
            ultimi giorni, si � andati indietro nel tempo sino ai mitici 
            anni �60, anni sicuramente innovativi. Si � ricordato con 
            rispetto Corrado Maltese, anche Dorfles e la Volpi. Ho sentito poco 
            ricordare che si deve a Salvatore Naitza l�ultima seria indagine 
            sull�arte visiva nell�Isola, con la mostra "Venticinque anni 
            di ricerca artistica in Sardegna", partita da Nuoro con grandi 
            propositi, agli inizi di quei disastrosi anni �80, e arenatasi immediatamente 
            tra problemi economici e beghe di vario tipo: doveva essere esposta 
            almeno nei capoluoghi di provincia, ma ha impiegato non ricordo 
            bene quanti anni per arrivare soltanto a Cagliari. Questo per il 
            passato. E oggi? Come era prevedibile la situazione � peggiorata. 
            Certo gli artisti e il mondo dell�arte in senso stretto non sono 
            immuni da colpe, ma se colpe ci sono si tratta di colpe veniali, 
            almeno per gli artisti, anche perch�, per quanto si voglia 
            brigare, il potere concesso loro � veramente minimo. Il sistema 
            dell�arte, che in Sardegna � quasi inesistente, ha prodotto 
            soltanto alcuni grandi, piccoli e piccolissimi centri di potere 
            o presunti tali. Qualche contatto con l�esterno � stato attivato 
            proprio partendo delle esperienze di Nuoro e Sassari. Per Sassari 
            si � aperto il giro delle Accademie, ambiente che conosco 
            poco, ma da ci� che leggo (ad esempio il malcostume delle 
            nomine nelle commissioni per l�applicazione della legge del 2%: 
            "io oggi premio te, domani tu premi me, dopodomani noi premiamo 
            lui�", tutto ci� aggravato anche dalla permanenza pi� 
            che decennale di alcuni massimi responsabili delle istituzioni artistiche), 
            vedo pi� che altro un grande agitarsi di portaborse, direttori 
            a bagno maria nei mari di Sardegna e codazzi in giro tra una estemporanea 
            di pittura e l�altra.
 
 IL MERCATO
 
 Qui le colpe degli artisti sono un 
            po� meno veniali. In primo luogo per ci� che dicevo all�inizio, 
            e cio� la criminalizzazione in anni passati addirittura della 
            figura del Mercante; a proposito sar� utile a chi non lo 
            ha fatto andare a leggere il libro "Il mercato dell�arte" 
            della Janin, per avere alcune indicazioni del perch� sino 
            ad oggi non si � sviluppato un vero mercato dell�arte in 
            Sardegna. Sar� anche utile rintracciare un� indagine condotta 
            da Alessandra Menesini, su L�Unione Sarda del febbraio scorso, intorno 
            alle vendite e alle quotazioni fornite dagli stessi artisti,per 
            trovare perle, ad essere benevoli, di ingenuit� o eccessiva 
            stima di se stessi: artisti che dichiarano la quotazione dei loro 
            lavori fornendo la cifra pagata una tantum da un ente pubblico o 
            da qualche politico di passaggio. A proposito di politici e di politica 
            degli acquisti si potrebbero elencare anche in Sardegna i numerosi 
            casi di collezioni pubbliche incomplete per mancanza di nuove acquisizioni, 
            o di acquisizioni fortemente sbilanciate su un fronte o sull�altro. 
            Un mercato che sia minimamente credibile necessita di altri riscontri; 
            tra i pi� importanti indici di valutazione di un autore � 
            bene considerare la diffusione nel territorio (nazionale, regionale, 
            provinciale, ecc.), l�apprezzamento nel tempo da parte del collezionismo, 
            l�attivit� espositiva e il giudizio critico, quando � 
            di qualit� almeno mediamente riconosciuta; riscontri opportuni 
            ancor pi� quando l�acquirente � un ente pubblico.
 
 Altro ruolo importante lo ricoprono i collezionisti, che in 
            Sardegna sono pochi ma ci sono. Se gli artisti e alcuni pseudoartisti 
            confondono quotazioni faticosamente raggiunte con il prezzo pagato 
            dall�amico di famiglia, i collezionisti, con la consapevolezza di 
            quanto detto sulle quotazioni gonfiate, da troppi anni abusano di 
            un loro reale o molto spesso solo presunto potere, per dimezzare 
            quanto viene loro richiesto. Il risultato � stato l�aver 
            attivato un meccanismo perverso che finisce per penalizzare quegli 
            artisti che non intendono avallare la pratica del chiedere 100 per 
            ottenere 50, un meccanismo che alla lunga ha inquinato il mercato 
            o lo ha bloccato per mancanza di fiducia.
 
 Ho parlato pi� 
            dei collezionisti , anche perch� gli artisti, quelli seri, 
            il mea culpa lo hanno recitato da tempo, esponendosi (non soltanto 
            insieme ai loro quadri) e pagandone a volte le conseguenze. Ai Collezionisti 
            , quelli seri, rivolgo un appello affinch� intervengano in 
            questo dibattito, portando un contributo di esperienze accumulate 
            a contatto con il mondo dell�arte, fornendo suggerimenti derivati 
            dalla loro specifica professione e magari utili alla costruzione 
            di un sistema dell�arte che sia composto da persone interessate 
            almeno alla ricerca di un�emozione , � il minimo indispensabile; 
            il resto, magari anche qualche buon affare, viene dopo, ma se si 
            va alla ricerca del solo affare si abbia la consapevolezza di camminare 
            su un terreno scivoloso, e se si cade non si dia la colpa ad altri.
 Con la consapevolezza che � facile criticare ed elencare 
            le mancanze proprie e degli altri, ma che difficile � inventare 
            percorsi praticabili e possibilmente innovativi, mi metto a disposizione 
            per rispondere all�appello del pi� giovane(non in senso anagrafico) 
            tra quanti sono intervenuti in questi ultimi dibattiti: il Professor 
            Mario Ciusa Romagna ha esortato pi� volte gli artisti ad 
            unirsi. Non sar� facile, ma � doveroso provare, con 
            rigore.
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 INTERVISTA RADIOFONICA AD ANGELO LIBERATI:http://www.radiox.it (link)
 
 
 
 LINK CUEC (COOPERATIVA 
            UNIVERSITARIA EDITRICE CAGLIARITANA):
 http://www.cuec.it
 
 
 
 
 
 
 
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